Oggi è il 5 maggio. Nonostante da ieri questa giorno rischi di passare semplicemente come quello che segue il fatidico 4 maggio d.C. (inteso come “dopo Coronavirus” anziché “dopo Cristo”), la data odierna è ancora, per la maggior parte di noi, ricca di significato.
Quanti di voi, infatti, un po’ come, guardando il calendario stamattina non avranno potuto fare a meno di esclamare:
Ei fu. Siccome immobile. Dato il mortal sospiro…
Insomma, avete capito, non c’è Cinque Maggio che si rispetti che non ci faccia tornare in mente gli immortali versi dell’omonimo componimento del Manzoni. Possiamo averci sudato tutte le nostre sette camicie sui banchi di scuola, averla odiata preparando la maturità, ma la sua imponenza ha avuto la meglio. E così, come delle colonne greche o delle vette dolomitiche che quando ci si scagliano davanti ci lasciano senza fiato per poi rimanere impresse per sempre nella nostra memoria, il Cinque Maggio di Manzoni rimane inevitabilmente una delle pietre miliari delle nostra memoria collettiva. E, ogni anno, non possiamo fare a meno di pensarci. Un po’ come ogni 29 settembre ci mettiamo a cantare Battisti.
Ma il successo di questa lirica non è stato solamente eterno, bensì anche fulmineo. Come lo sguardo di Napoleone. Completato dopo tre giorni di intenso lavoro, una volta superati gli ostacoli della censura austriaca, il componimento conquistò subito un’ampia fetta di pubblico anche oltralpe guadagnandosi, il diritto a essere tradotto in diverse lingue europee.
Tra i suoi primi estimatori ci fu anche Johann Wolfgang Goethe, pilastro del Romanticismo europeo e ancora oggi simbolo nel mondo della letteratura tedesca. Il sommo scrittore tedesco si era appassionato al nostrano Manzoni già quando quest’ultimo gli aveva inviato una copia de “I Promessi Sposi”. Ma l’apice dell’apprezzamento arrivò con quest’ode a Napoleone. Tant’è che Goethe decise addirittura di cimentarsi nella sua traduzione, componendo così “Der fünfte Mai“.
Ma ecco l’imprevisto. Stando all’analisi di Burkhart Kroeber, il traduttore tedesco de “I Promessi Sposi” e di Umberto Eco, nel tradurre il Cinque Maggio Goethe commise un errore. E non da poco. Incappando in quello che oggi chiameremmo un false friend, tradusse l’«uom fatale» – ossia l’uomo «del destino» manzoniano – con il termine tedesco «Schreckensmann», «uomo terribile». Se pensiamo all’ammirazione che Goethe non ha mai nascosto nei confronti dell’Imperatore francese, ma soprattutto al calibro dell’autore di cui stiamo parlando, questo sbaglio può sembrarci una caduta di stile davvero assurda e incredibile. Tuttavia può insegnarci una grande lezione: anche i più grandi sbagliano.
In quanto alla gloria, invece, non ci resta che dire:
Ai posteri l’ardua sentenza