Come diventare traduttore – guida pratica per iniziare a lavorare nel settore delle traduzioni dopo laurea

Da quando un paio di anni fa ho aperto la mia pagina Facebook A World in a Cup of Tea – Traduzioni Interpretazioni & Webwriting e, successivamente, questo sito ricevo spesso messaggi da parte di molte lettrici – e sì, il nostro è un settore prettamente femminile! – che mi chiedono consigli pratici su come diventare a tutti gli effetti interpreti o (soprattutto) traduttrici. C’è chi è in procinto di laurearsi, ma già guarda con incertezza al proprio futuro professionale, chi ha appena ottenuto il tanto agognato titolo e ora si sente più spaesata che mai e chi, invece, dopo anni di un lavoro che “c’entra con le lingue”, ma non la appaga completamente vorrebbe unire passioni e competenze, ma teme di fare un salto nel vuoto.

Insomma, tante situazioni diverse, ma, in fondo, un grande sentimento comune: la voglia di mettersi in gioco sfruttando al meglio le proprie competenze (anche a costo di fare ulteriore formazione), offuscata però dalle grandi incognite sulla realtà pratica della professione. Perché, diciamocelo, se è vero che con una laurea in Traduzione e Interpretazione ne usciamo forti dal punto di vista tecnico-linguistico, il più delle volte siamo quasi analfabeti per quanto riguarda l’approccio concreto con il mercato del lavoro. Cosa che di fatto penalizza purtroppo un po’ tutti i neolaureati, ma è che ancora più pesante per chi molto probabilmente dovrà svolgere (anche) la libera professione.

Essendo passata anch’io in prima persona attraverso questo lungo e faticoso percorso, nella speranza di poter aiutare molti di voi, ho deciso di raccogliere in questo articolo una serie di informazioni a partire dall’ultima richiesta che ho ricevuto, che, a mio avviso, racchiudeva in sé le voci e dubbi di molti:

Ciao Virginia, mi sono imbattuta nel tuo blog qualche settimana fa,  cercando possibilità di affiancare il mio lavoro da segretaria a quello di traduttrice.  Dopo la laurea in mediazione linguistica, in lingua tedesca e russa, ho iniziato a mandare cv a tappeto per qualsiasi posizione e ho trovato un lavoro come impiegata nell’ufficio commerciale di una piccola azienda della mia zona. Cercavano teoricamente una persona che conoscesse “le lingue straniere “, mi hanno offerto un buon contratto con un ottimo stipendio,  ma di fatto cercavano un ragioniere, cosa che io non sono e per cui non sono assolutamente portata (avrei scelto un altro percorso si studi altrimenti). Dopo 3 anni la mia vera vocazione (lavorare con la lingua tedesca) spinge per uscire, vorrei trovare lavoro nel settore della traduzione,  ma non so come muovermi. È possibile trovare lavoro come dipendente oppure devo partire da free-lance? Si può costruire l’esperienza che richiede il mercato, se non si lavora in un agenzia che si occupa di traduzione? Dove posso cercare delle opportunità per collaborazioni o volontariato? Grazie M.C.

Siamo tutti nella stessa barca

Barcolana 2019, Manifesto Marina Abramovic

Voglio iniziare col dirti che capisco benissimo la tua situazione, perché quello che mi descrivi riguardo al tuo attuale lavoro l’ho toccato con mano attraverso le mie esperienze o quelle dei miei colleghi. Con una laurea in Traduzione e Interpretazione o affini – o meglio, sapendo le lingue -, ti dicono che potrai fare un po’ di tutto, che ti si apriranno un mare di opportunità. Effettivamente è vero, siamo davvero molto fortunati, non solo perché acquisiamo delle competenze molto trasversali applicabili in tantissimi modi e nei più svariati settori, ma anche perché è difficile rimanere completamente inoccupati. Purtroppo, però, “sapere le lingue” ormai è un requisito usato un po’ come il prezzemolo e, proprio per questo, soprattutto in un Paese poco innovativo per quanto riguarda la cultura del lavoro come il nostro, capita spesso che ci vengano offerte posizioni poco in linea con le nostre aspettative, le nostre attitudini e le nostre aspirazioni.

Certo c’è chi ci dice che siamo fortunati perché un posto ce l’abbiamo, ma posso benissimo capire l’insofferenza di fare qualcosa da cui non ci sentiamo rappresentati fino in fondo. D’altro canto, anche lasciare il posto certo per cambiare completamente mestiere, soprattutto se ciò significa buttarsi nell’incertezza della libera professione, non è una scelta così facile. Le normative fiscali vigenti ci permettono però di svolgere delle prestazioni occasionali fino a un massimo di 5.000 euro all’anno e questo può essere un buon modo per sondare il terreno e iniziare a farsi conoscere, senza dover rinunciare – almeno inizialmente – al proprio posto, né dover aprire immediatamente la Partita Iva, con tutte le implicazioni del caso. Per maggiori chiarimenti a livello fiscale, ti consiglio di consultare linko questo vademecum sull’argomento che ho pubblicato circa un anno fa.

Traduttori si diventa, non ci si improvvisa!

Prima di darti dei piccoli suggerimenti pratici per iniziare a svolgere la tua attività di traduttrice, però, permettimi una piccola precisazione. Purtroppo non conosco il piano di studi specifico del tuo corso di laurea, proprio per questo ci tengo a sottolineare che per svolgere il mestiere del traduttore è necessario seguire dei corsi specifici perché, come sicuramente saprai, conoscere una lingua non significa saper tradurre da o verso quella lingua. Non ti abbattere però: se non ti sei laureata a una Scuola per Interpreti e Traduttori, che resta l’unico sbocco diretto e riconosciuto formalmente per la professione, esistono infatti molte possibilità di formazione anche senza doversi riscrivere all’università. Puoi scegliere, ad esempio, tra alcuni Master Postlaurea (ce ne sono sia organizzati dalle stesse università che da enti privati) che dei corsi di formazione per professionisti. In ogni caso, anche se hai già studiato traduzione, questi corsi possono essere utili per affinare la tecnica (soprattutto se è da un po’ che non la eserciti) oppure per specializzarti in un determinato settore. Inoltre sono sicuramente un buon punto di partenza per fare rete.

Il freelance non è un’isola

Esatto, hai capito bene, anche per i traduttori è fondamentale il networking con i propri colleghi, che non devono essere visti come dei competitor, ma anzi come delle risorse. Innanzitutto, devi sapere che molte proposte di collaborazione possono arrivare proprio dai colleghi stessi. Se, ad esempio, ricevo una richiesta da un cliente o un’agenzia con cui collaboro, ma io ho già diversi incarichi in quel periodo, la “passo” con molto piacere a un collega, sia perché so che da un lato sto aiutando un collega (che un giorno, tra l’altro, potrebbe aiutare me), sia perché d’altro canto so che anche in quel modo sto offrendo un servizio di qualità al cliente. Restare in contatto con altri professionisti del settore è poi anche una grande fonte di crescita professionale, nonché di sostegno morale nei momenti di difficoltà. Con loro infatti si può discutere su dubbi tecnici e linguistici, informarsi su attività, gruppi e associazioni del settore, così come confrontarsi per capire ad esempio se anche loro hanno passato un periodo di crisi ogni tanto o magari proprio nel tuo stesso momento. Io, ad esempio, in un gennaio particolarmente difficile, ho scoperto parlando con una collega che quello di solito è il mese più nero per gli incarichi tant’è che i tedeschi hanno coniato il termine Januarloch. E ancora, grazie ai contatti mantenuti con una collega molto in gamba, sono entrata a far parte del suo progetto, una rete di interpreti e traduttori che ti invito a sbirciare qui.

Sei tu il tuo personal manager

Certo, però, la spinta per farsi strada deve partire da te. Purtroppo questo non è un settore ben regolamentato e, come tale, non ha neanche dei veri e propri canali specifici per trovare lavoro. O meglio, non molti. In particolare ci sono alcuni siti/forum dove puoi trovare richieste di traduzioni, interpretazione e altri incarichi affini o proporti: il più famoso è Proz, poi c’è TranslatorCafé e forse ancora qualcun altro, ma ti confesso che io non li ho mai usati molto anche se c’è chi li trova molto utili. Al di là di questo, non essendoci un’unica strada certa per trovare lavoro in questo settore l’unico consiglio è battere tutte quelle possibili, a partire dai social. Su Facebook in particolare ci sono un sacco di gruppi dedicati agli annunci per interpreti e traduttori o in generale per lavori nel settore umanistico e delle lingue. Ti consiglio di iscriverti perché oltre alle varie offerte puoi trovare anche discussioni utili o puoi persino magari fare delle domande (attenta, però, ci saranno anche molti haters pronti a risponderti!). Inoltre, guarda anche le pagine generiche di offerte di lavoro, come Indeed, Subito.it, Bakeka.it e così via. Infatti, come i traduttori magari non sanno bene dove cercare offerte di lavoro, soprattutto agli inizi, così gli stessi clienti tante volte non sanno dove pubblicare le offerte, quindi le puoi trovare persino nei siti che meno immagineresti, dove anche tu puoi a tua volta mettere un annuncio a cui in caso venire contatta.

Fortuna audaces iuvat

Un’altra idea per farsi conoscere è mandare alle agenzie di traduzioni (in Italia e nei paesi di cui parli le lingue) una tua autocandidatura. Autocandidarsi, inoltre, potrebbe tornare utile anche con un cliente diretto con cui vorremmo lavorare che in quel momento non ha offerte di lavoro aperte. Certo è un po’ più un terno al lotto, ma – come si dice – fortuna audaces iuvat. Ci vogliono dei giorni per farlo, ma ne vale la pena…e poi in questo periodo di tempo ne abbiamo! Non preoccuparti se non ti rispondono subito, molti, è vero, non lo faranno proprio, ma molte altri altri – soprattutto le agenzie – terranno salvati in archivio i tuoi dati e ti ricontatteranno non appena avranno un incarico da proporti. Inoltre navigando sui loro siti ti può capitare anche di trovare proposte di lavoro “in-house” o di stage: non sono nemmeno queste da escludere. Un tirocinio in agenzia può essere un buon modo per iniziare, ad esempio. Ovviamente sempre cercando di evitare le proposte al limite dello sfruttamento.  In ogni caso, da tutti questi canali che ti ho elencato fino ad ora, puoi ricavare sia offerte per incarichi come libera professionista (o in prestazione occasionale) che di lavori “fissi” ma attinenti al settore, quindi ne vale la pena. Infine, anche le pagine personali – come LinkedIn, una pagina Facebook professionale o un proprio sito – sono di grande supporto, ma, ovviamente sono quelle che richiedono di essere seguite maggiormente.

Non siamo choosy, ma dobbiamo essere smart

Il mio consiglio è di non scartare nulla, ma di valutare poi attentamente ogni proposta. Nel senso che dagli annunci molto spesso non si capisce bene se si tratta di incarichi seri, validi, ben retribuiti e, soprattutto, chi è esattamente il committente. Per questo, prima di scartare a priori quelle che magari possono essere buone opportunità, conviene candidarsi e poi scegliere con i dati alla mano. Per quanto riguarda la scelta, ti invito fortemente a non accettare mai tariffe troppo basse, perché anche se potrebbero sembrare un buon modo per iniziare a fare esperienza, poi sarebbe difficile uscire dalla spirale del ribasso. Senza dimenticare che sarebbe ingiusto sia per te che per l’intera categoria – già vessata da molti problemi – contro cui si attuerebbe il così detto “dumping salariale”. A tal proposito ti invito a leggere questo sito. Per farti un’idea più chiara su quali siano le tariffe “oneste e accettabili” puoi sicuramente consultare questo tariffometro o, nei casi più specifici, aprire una discussione nei gruppi per traduttori. Ti invito a prestare sempre attenzione alle tariffe, sia che si tratti di clienti privati che di agenzie.

Non si mangia di visibilità

Infine, per quanto riguarda la tua richiesta sul volontariato, sarò controcorrente, ma te lo sconsiglierei. O meglio, fai attenzione perché ci sono molti eventi, festival ecc. che un po’ lucrano proprio sui giovani volenterosi di fare esperienza e con questa promessa – insieme alla chimera della “visibilità” – li invogliano ad accettare quelle che di fatto sono proposte di lavoro gratuito e che, nella pratica, è rarissimo si concretizzino con un’offerta di lavoro a tutti gli effetti alla fine dell’esperienza e vengono per altro considerate ben poco da eventuali recruiter (a meno che non si tratti di nomi o eventi davvero molto grandi…ma torniamo a un cane che si mangia la coda: se sono così importanti, perché non pagano?). Detto questo, non sono assolutamente contraria al volontariato in sé, ma secondo me vale la pena farlo per chi ha davvero bisogno di essere aiutato. E se tu vuoi coniugare il tuo aiuto per il prossimo con un’esperienza di possibile crescita professionale, ti consiglio di scegliere una causa in cui credi davvero e magari anche ben “riconosciuta”. Conosci, ad esempio, l’associazione Translators Without Borders? Ma ci sono anche molte altre associazioni di volontariato in settori più disparati che hanno bisogno di traduzioni. Io, ad esempio, mi ero proposta per la Giornata Mondiale delle Gioventù, oppure avevo conosciuto dei volontari di Sea Sheperd, che mi avevano parlato proprio dell’aiuto di cui avevano bisogno da parte di traduttori.

Credo di aver risposto a tutte le tue domande, ma non esitare a scrivermi ancora se hai altri dubbi. Nel frattempo ti invito a iscriverti alla mia newsletter e/o seguire la mia pagina Facebook e se ti fa piacere a diffonderla tra i tuoi amici.

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